Quando immaginavo di andare a vivere da solo non pensavo che mi sarebbero mai potute accadere certe cose. Tipo, trascorrere decine e decine di minuti seduto a terra di fronte a una lavatrice eppure…
16 agosto, 13.52. È arrivato quel momento, quello che aspettavi da tanto. E non dico metaforicamente. Purtroppo, devi fare il bucato. Devi lavare circa 10 paia di mutande, altrettante paia di calzini, i jeans e le t-shirt perché hai un problema: stai per finire le cose pulite da mettere.
”Non sembra l’agosto del ‘96”, cara Annalisa, love isn’t in the air, ma la crisi idrica sì. Eccome, porca paletta. Da qualche giorno razioniamo acqua, cerchiamo di fare un consumo molto più consapevole (cosa che dovrebbe succedere sempre) e, per quanto mi riguarda, provo a minimizzare l’uso di elettrodomestici che vivono di acqua. Quindi eccomi qua.
16 agosto, 13.52. Sono seduto a terra, con una bacinella per il bucato, poggiata al rovescio, che sto usando a mo’ di scrivania, mentre osservo attentamente l’oblò della lavatrice: al primo segnale di sofferenza spengo tutto e scappo via. Nessuna Candy verrà maltrattata, ma io devo provarci a preservare l’igiene. Devo lavà i panni!
Così, seduto a terra, in posizione Budda, con una Birkenstock che mi sta entrando nel polpaccio, una bacinella a testa in giù a mo’ di scrittoio e la lavatrice che silenziosamente fa il suo lavoro, mi chiedo: ma come cazzo ci sono finito qui?
Non posso non pensarci. Ci provo. Da qualche giorno fuggo da questo pensiero che mi rincorre, ma è qua, più forte. Un anno fa, avevo una camera disordinatissima, divisa in due sezioni: le cose da portare e quelle da rimettere a posto. Un anno fa aspetavo di poter fare il mio trasloco, vivendo emozioni contrastanti.
Sìììsarabellissimo e machimelofaffare erano i mantra ricorrenti e, io, nel frattempo andavo avanti. Inscatolavo e facevo calcoli. Cercavo di capire dove mettere roba, di cestinare quella inutile. Era l’inizio di un nuovo capitolo…
Oggi, che quel capitolo lo sto vivendo (o qualcuno direbbe scrivendo), me ne sto a guardare un timer. Dai, tra 30 minuti la lavatrice avrà fatto e io non avrò distrutto nulla. Guardo il cestello, mi assicuro che ci sia acqua, tendo l’orecchio per capire se il suono emesso sia corretto e torno a chiedermi: lo avresti detto mai?
No. La risposta è no. E non credo di essere l’unico.
Credo che, alla fine, nessuno di noi viva esattamente l’esistenza che si aspettava. Se sei fortunato (e, devo ammetterlo, io penso di esserlo) il tuo progetto di vita va più o meno come quando imposti la destinazione su Google Maps e poi cominci a perderti. C’è un ricalcolo continuo e, piano piano, arrivi al punto B.
Perciò, mentre sbagli l’ennesimo svincolo, non puoi fare a meno di domandarti: ma come cazzo ci sono arrivato a vivere tutto questo? Sarebbe bello poter avere un file, un video che ti mostri il tragitto a ritroso, se non altro per ricordarti le cazzate che hai fatto o le strade giuste che hai preso. Il video però non c’è e alla fine non ci ritroviamo a far altro che punirci per quei micro-errori che, come in un film americano, secondo noi, e solo secondo noi, ci avrebberco condotto a un futuro più roseo. Bugia!
N’è vero. Pensaci, pensiamoci. Spesso facciamo delle scelte ad mentulam canis, ok, ma tante altre volte ragioniamo sulla base di quei pochi elementi che abbiamo a disposizione perciò potremo capire se abbiamo fatto bene solo dopo.
Ecco. Io saprò solo tra 22 minuti se avrò fatto bene a lavare i miei capi, per esempio.
Quindi, la morale di tutta questa elucubrazione è:
- Compra tante mutande (così non andrai nel panico se manca acqua nel tuo paese);
- Non lasciare che il passato ti ossessioni (non potevi prevedere tutto perciò ringrazia te stesso di essere ancora qui, vivo, per poter rimediare agli eventuali errori);
- Non illuderti: sbaglierai ancora.
Torno a osservare il cestello. Non sia mai che la situazione peggiori mentre scrivo banalità non richieste.
Hasta pronto!