Nanni, non mi si vede la televisione

perché sistemo la tv ai nonni

Dicono che la felicità sia dentro le piccole cose.

D. Da Silva

Squilla il telefono, sul display leggo che a chiamare è Nonna. Rispondo e, dopo i consueti rituali in cui mi chiede scusa per avermi disturbato (per lei il lavoro è sacro e sembra quasi che io sia un chirurgo da distrarre, mentre opera armato di bisturi), sento la sua voce dirmi: “Naaanni, non mi si vede la televisione. Se esci, se puoi, passi a casa?”

Per me non esiste se in questi casi. Io esco. Esco, mi armo di mascherina e vado a casa loro. Perché sono i miei nonni, perché hanno fatto di tutto per noi. Perché darebbero la vita per noi, perché diventerebbero poveri e senza tetto per noi. E, credetemi, so quello che dico. Non a caso quattro anni fa hanno dato a uno sconosciuto gran parte dei loro averi, convinti che io fossi in difficoltà. Perciò sì, io vado. Anzi, scappo. Corro. 

La situazione è quella che è. Sono rintanati in casa da oltre un anno, mia nonna anche di più, e la tv è quella piacevole compagnia che prova a riempire quel buco che le nostre domeniche insieme le hanno lasciato. Ragion per cui, trotto.

Arrivo a casa e il problema è sempre lo stesso: un decoder da 19 euro e 90 che non funziona bene. Si blocca e per farlo ripartire basta scollegare l’alimentazione per dieci secondi. Il punto è che io lo so e lo sa pure nonna – che ha imparato la procedura. Non posso però fare a meno di chiedermi: se lo sarà dimenticato o è un pretesto per vedere me, che, come lei, sono chiuso nella mia camera blu da oltre trecentosessantacinque giorni?

Ogni volta, ignoro la domanda e mi vesto. Come se andassi fuori per un aperitivo. Mi tolgo la tuta e metto un pantalone, il golfino. Mi spruzzo addirittura il profumo… e rido mentre lo faccio! Mi rendo conto di quanto la vita di tutti sia cambiata, di quanto ci renda felice questa fuga dal perimetro della nostra abitazione. Mi rendo conto di quanto ci faccia stare bene questa piccola cosa.

Sì. Le piccole cose. Sono quelle che ci mancano di più. Lo raccontano splendidamente i creatori della pagina Instagram “E poi vorrei” che riunisce tutta una serie di post che ci ricordano quanto certi momenti di quotidianità, che abbiamo a lungo dato per scontato, fossero in realtà stupendi. 

Un aperitivo con gli amici, che prima era la base del sabato sera, adesso ci sembra il tanto atteso veglione di fine anno. Una trasferta rapida nel capoluogo di provincia? Oggi mi darebbe quasi l’emozione che mi ha donato il mio ultimo viaggetto a Viterbo, prima che tutto questo cominciasse.

Se ci rifletto, infatti, non sento la nostalgia di quegli eventi secolari, di difficile ripetizione. Per qualche strana ragione, mi manca New York, come se fosse stato un luogo che frequentavo abitualmente, ma, a parte questa irrazionale malinconia, mi rendo conto che a farmi stare male è il vuoto lasciato da tutte quelle abitudini che oggi non fanno più parte della nostra vita. Vuoi mettere uscire di casa senza la tua FFP2? E la bellezza di lasciare l’igienizzante a casa? 

Quanto sarebbe stupendo poter fare un programma a lungo termine senza dover pensare a “chissà di che colore saremo”. Oppure, che so, poter vedere i proprio nipoti ogni domenica, com’era prima. Riuscire a fare una passeggiata senza avere paura di incontrare persone, senza agitarsi se il negozio è troppo affollato. 

Insomma, ci manca tutto quello che prima nemmeno consideravamo. Ci manca la scontatezza. Anzi, sogniamo di poter ritrovare più quelle stronzatine che le grandi cose. Mi chiedo però: continueremo ad apprezzare tutto ciò, un domani quando, si spera, ci saremo risvegliati dall’incubo? 

Se vogliamo fare un esercizio di ottimismo, infatti, possiamo renderci conto che, tra tutte le privazioni, la tragedia e il dolore, la pandemia ci ha anche regalato alcune consapevolezze. La meraviglia di questi micromomenti di vita, per esempio, o, per quanto mi riguarda, anche la bellezza del silenzio. La pandemia mi ha ricordato che ogni tanto fa bene fermarsi, che dobbiamo farlo. Spegnere il pc, mettersi in poltrona, leggere, ascoltarsi, sfogarsi. 

Ecco. Questa parte qui io non vorrei perderla, per ritrovare il resto. Non vorrei scambiarla. Sì, voglio essere incontentabile e avere la botte piena e la moglie ubriaca. Ammettiamolo: abiamo rinunciato a tanto, altri hanno perso tutto. Ora sarebbe giusto riavere il doppio indietro. No?

2 Risposte a “Nanni, non mi si vede la televisione”

    1. Grazie mille prof.! Proviamo a farci ispirare da quello che succede intorno e poi metterli nero su bianco.
      Ce la metterò tutta! Un abbraccio!

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